Decantazione lirica
Spazio Cesare da Sesto, Sesto Calende (VA)
LA PRESENZA ATTIVA DELL’ASSENZA
“…V.Spagnulo ha affrontato il problema senza scavalcarlo, cercando di saggiare le possibilità di una “scultura” che ci sia contemporanea muovendo dalla frattura veramente epocale dell’informale. Ed è pertinentemente partito dal nodo da quella evidenziato – nella pittura, come, però quantitativamente in misura più ridotta, nella scultura – di una formatività che la materia, e il rapporto diretto con essa, non coarti.
Opportunamente F.Poli, cui si deve uno degli inerventi critici puntuali sul nostro artista, punta, per individuare dei precedenti attendibili, su Burri e Tapies, “che per alcuni versi possono essere stati utili per Spagnulo, non dal punto di vista stilistico, ma proprio per la loro concezione della materia e per la volontà di trovare la forma dentro quest’ultima,
senza imposizioni progettuali troppo forzate”….. Credo anch’io alla preminenza, in Spagnulo, di un registro mentale. Non sono invece certo dell’importanza, in siffatta direzione, dell’esempio concettuale, che di fatto conduceva a tutt’altre direzioni, come del resto l’arte povera e il minimalismo, con i quali penso che Valdi non abbia nulla a che spartire. Vedo piuttosto il lavoro dominato, rigoroso, decantato del primo Spagnulo entro coordinate pre-concettuali, verso la verifica, innevata di razionalità, dei valori denotativi e connotativi della scultura e della pittura. Puntando sulla superficie, per saggiare analogie e differenze, l’artista giunge in tal modo presto a individuare il significato e le qualità dell’interruzione della continuità del piano, del quadro proprio, nel realizzare un rapporto meno illusionistico, meno rappresentativo con lo spazio ambientale, riconosciuto invece come fattore fondamentale della scultura. Che gradual-mente diviene il suo vero punto di riferimento, il suo vero oggetto…”
L.Caramel
SEGNI E OMBRE NELLO SPAZIO LABILE
“…Nei nuovi lavori di V.Spagnulo la relazione con lo spazio che sta “dentro” la scultura si gioca quasi esclusivamente tra forma positiva e forma negativa. Già nella serie precedente dei dittici si avvertiva la tensione, sentita come necessità, di far coesistere l’immagine e il suo doppio. E già si avvertiva la spinta dei materiali in rilievo dalla superficie verso l’esterno – allora erano piombo, rame, carta, carta vetrata, cera legno feltro, fili e lastre di ferro manipolati e trasformati – coi quali Valdi procedeva alla sperimentazione dello spazio reale per andare oltre e superarlo….. Gli stessi materiali
- in prevalenza plexiglas, carta, ferro e piombo – concorrono nel processo di creazione di un’immagine eterea, dove la luminosità e la chiarezza, rispetto al passato, colpiscono tanto quanto il vuoto che vive tra l’opera e la parete sulla quale è collocata….. V.Spagnulo ha soppesato questa ricerca, a dispetto della totale mancanza di progettualità, come vedremo, con pause più o meno desiderate o cercate, dovute piuttosto alla quotidianità, ai problemi che essa riserva e alla capacità di ognuno di noi di cogliervi arricchimento e forza interiore. Attese rispetto a un lavoro che cerca e che trova in tempi propri una via autonoma d’espressione, una musicalità, un ritmo, in cui lo spazio, i pesi, le misure e la luce vengono scanditi in un’interazione doppia e tripla dell’immagine. A ben vedere è un procedimento di lettura che sfiora la fenomenologia dello sguardo e della forma nel suo farsi, senza, però, gli schemi rigorosi a cui tale disciplina rimanda (si vedano “L’elefante” e il dittico dove i segni sembrano aver creato due “pipe”)….. Entra in gioco un processo di decantazione, necessario per liberare il lavoro da ogni tipo di rapporto dialettico o contraddittorio, per arrivare all’armonia, basata sulla diversità molecolare dei materiali trattati. E’ un relazionarsi al reale in modo asimmetrico e sfasato…”
R.Ferrario
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